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Il punto di vista di alcuni studenti del corso di Omnichannel Management, laurea in Innovation and Technology Management dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

 

Brand, retailer, consulenti, ricercatori e outsourcer nelle vendite, sono tutti d’accordo: i consumatori hanno un approccio omnicanale. Cercano chiarezza, trasparenza e coerenza lungo l’intera customer journey, ma non solo: si aspettano che i loro desideri e le loro necessità vengano ascoltati. 

Al corso di Omnichannel Management della laurea in Innovation and Technology Management dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, tenuto dai professori Silvia Biraghi e Marco De Angeli , a cui abbiamo partecipato per il secondo anno consecutivo, abbiamo incontrato quelli che saranno i manager di domani e che avranno il compito di creare, innovare e gestire le shopping experience di brand e retailer. 

Abbiamo chiesto a Mariam Batiashvili, Nils Christian Reineke e Chiara Tubacher, tre studenti del corso, di raccontare la loro esperienza e la loro visione sull’omnichannel.

Le aziende e le Università hanno la responsabilità di aiutare i giovani a conoscere, sviluppare e sbloccare il proprio potenziale. Cosa vi ha particolarmente ispirato e cosa avete imparato dal progetto realizzato con CPM e i suoi clienti? 

Mariam - Il progetto creato con CPM ci ha permesso di avere uno sguardo su un reale contesto aziendale e ci ha mostrato il modo in cui un’agenzia dovrebbe pensare e agire per ottenere risultati di successo. È stata un'esperienza fruttuosa per applicare le conoscenze teoriche acquisite in classe a uno scenario di lavoro concreto. Inoltre, il progetto ci ha dato l'opportunità di migliorare le nostre capacità di lavorare in team, presentazione e gestione del tempo, aspetti che possono essere preziosi nella nostra futura vita professionale.

Nils Christian - La libertà. Ci è stato dato libero arbitrio nello sviluppare una strategia di marketing per raggiungere l’obiettivo prefissato. Ciò ci ha obbligato a mettere in campo tutte le nostre conoscenze, gli insegnamenti e il nostro critical e lateral thinking. Ovvero, tutti gli skill che sono necessari per i manager che aspirano al massimo. Questa libertà ci ha anche costretto a correre dei rischi e lavorare in team armoniosamente e inclusivamente, con una sana e sportiva competizione con i nostri colleghi degli altri team.

Chiara - CPM e i suoi clienti hanno portato in una classe universitaria un assaggio molto concreto di ciò che significa approcciarsi al mondo del marketing. È stata un’esperienza altamente formativa e arricchente grazie all’alto grado di responsabilizzazione e fiducia datoci nello svolgimento e consegna del lavoro. Abbiamo avuto l’opportunità di lavorare in un gruppo equilibrato e coinvolgente, riuscendo così ad ampliare e consolidare le nostre soft e hard skill. CPM è stata sempre presente e disponibile in tutte le fasi del lavoro e ha reso anche i momenti di valutazione ottime occasioni di crescita.

Durante le lezioni è stato sottolineato che il consumatore deve essere al centro di ogni processo di vendita e che bisogna costruire una shopping experience capace di evolvere con le sue esigenze. Secondo voi, che siete consumatori da un lato e che aspirate a lavorare nel mondo del retail dall’altro, in quale modo brand e retailer possono restare influenti nel corso del tempo? 

Mariam - Un rapido processo di trasformazione digitale consente ai retailer di avere molti touchpoint per soddisfare i propri consumatori e potenziali target. Tuttavia, l'accessibilità non determina automaticamente il successo. Sappiamo, infatti, che sta diventando sempre più difficile per le aziende rimanere rilevanti e fidelizzare i clienti. Recenti ricerche sul comportamento dei consumatori mostrano che creare un prodotto o un servizio non è più sufficiente: bisogna creare impatto e portare valore sociale nelle comunità. Sulla base di questo, credo che per rimanere influenti, i retailer dovrebbero ispirare e andare oltre la comprensione convenzionale della vendita al dettaglio, mentre i brand dovrebbero incontrare le preferenze dei consumatori, non solo durante le singole campagne di comunicazione a breve termine, ma anche grazie alla propria brand-culture, ai propri valori e a una visione a lungo termine.

Nils Christian - Per restare influenti è necessario saper ascoltare e saper distinguere le voci da ascoltare e quelle da non ascoltare. Viviamo in un momento di rapidi cambiamenti e un “outward approach”, sempre critico nei propri confronti, è necessario per non diventare obsoleti. Ovviamente la mole di voci e informazioni nel contesto attuale sono troppe per poterle gestire nella loro interezza: è necessario imparare a individuare trend, avere una mentalità analitica e sviluppare un approccio “data-driven”, ma senza elevare questi dati a “deus ex machina e perdere il contatto con i propri consumatori.

Chiara - Al giorno d’oggi il consumatore ha sempre più importanza e potere nella relazione con il retailer. Rimanere al passo con questo nuovo tipo di consumatore non è facile, un trend che ora può sembrare essenziale, potrebbe velocemente scomparire in breve tempo. I brand devono riuscire ad interagire direttamente con i propri consumatori, raccogliere informazioni sui loro bisogni e soddisfarli nel modo e attraverso il canale che loro preferiscono. Personalmente penso che il modo migliore per rimanere influenti nel corso del tempo sia proprio quello di restare vicini al cliente attraverso i prodotti, social media, pubblicità e tutti i diversi canali che permettono al venditore di instaurare, consolidare e mantenere una relazione con il consumatore di reciproco beneficio nel lungo termine.


Il mondo delle vendite è fatto di persone, di incontri e di storie di vita. Pensando alla vostra esperienza di giovani consumatori, qual è la shopping experience che più vi ha colpito di più e quanto conta la relazione umana in-store e online? 

Mariam - Gli acquisti più memorabili per me hanno riguardato esperienze in cui ho avuto la possibilità di personalizzare il mio acquisto. Secondo me i giovani consumatori vorrebbero che le aziende adottassero di più è lo storytelling, in quanto è un perfetto punto intermedio in cui combinare il potere delle parole e delle idee con media innovativi e creativi.

Nils Christian - Sebbene sia un (relativamente) "giovane consumatore" preferisco fare (quando possibile) i miei acquisti in store fisici. Uso principalmente il web come fonte di informazione e quando, per esempio, non ci sono negozi specializzati fisici. Per questo ho sviluppato una sensibilità per lo store- and product-layout e presentation, e specialmente la preparazione del personale di vendita. Personalmente penso conti tantissimo il training del personale in-store in quanto sono i "brand ambassador" più visibili e con cui il consumatore interagisce di più e personalmente. Con il loro atteggiamento è la loro professionalità possono influenzare tantissimo la shopping experience e creare associazioni molto forti con il brand. 

Chiara - Personalmente utilizzo spesso gli e-store, poiché offrono una shopping experience più accessibile e veloce, nonostante questo, apprezzo acquistare in specifici negozi fisici che fanno della customer experience il loro cavallo di battaglia. Questi negozi offrono, non solo prodotti in linea con i miei valori, ma si assicurano di fornire personale di qualità al consumatore, il cui scopo non è solo quello di influenzarti a comprare, ma di accompagnarti dal momento della scoperta del prodotto fino all’acquisto, facendoti sempre sentire attivamente coinvolto e al centro dell’esperienza. 


foto studenti

 

Leggi anche: L'omnichannel management in cattedra e Il Punto di Vista dei proff. Silvia Biraghi e Marco De Angeli

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